Ribelle per scelta
Aeroporto di Novi Ligure. Robert prima di salire in
aereo per un lancio.
La mia adolescenza iniziò a farsi irrequieta per una serie di
motivi, incontri e conoscenze. Tutto cominciò un 25 aprile, il giorno della
festa della Liberazione. Fino ad allora non mi ero mai occupato di politica.
Avevo sedici anni e mio padre era morto da un anno. Mi recai al cimitero di
Musocco per una visita alla sua tomba. Attraversando il cimitero, per caso
passai davanti al Campo Dieci, dove riposavano i soldati della Repubblica
Sociale Italiana. Lì incontrai quelli che sarebbero diventati i miei camerati.
Non conoscevo nessuno, ma mi fermai, attratto dalle persone che
stavano sull’attenti, con il braccio destro teso, di fronte a quelle decine di
tombe. Fu una visione suggestiva che mi condizionò e mi fece avvicinare a
quell’ambiente.
Poco dopo mi iscrissi alla Giovane Italia. Fu essenzialmente una
questione di pancia. Desideravo agire, non volevo starmene con le mani in mano.
Ricordo ancora i manifesti che invitavano all’iscrizione e recitavano: “Abbiamo
ancora una canzone da gettare al vento e una bandiera da innalzare al sole”.
Lo spirito mi piaceva. Divenni subito un attivista da “strada”.
Non mi interessava starmene in sede a leggere libri. Questo non significa che
non lessi i classici del pensiero d’area che allora circolavano ed erano i
nostri riferimenti: Evola, Celine, Nietzsche. A parte questi autori, se devo
pensare a un libro con cui instaurai un legame profondo, che mi fece scattare
qualcosa nella testa, quello fu I proscritti di Ernst von Salomon. Il
libro narra l’epopea dei Freikorps tedeschi, il clima creatosi in Germania dopo
la sconfitta della Prima guerra mondiale, lo spirito di ribellione e di rivalsa
dei reduci tedeschi verso la società borghese che li considerava dei perdenti.
A me interessava l’azione, passare dalla teoria alla pratica nel minor tempo
possibile.
Brano tratto da "Un parà in Congo e Yemen 1965 1969" di Robert Muller e Ippolito Edmondo Ferrario, Mursia editore
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