Girolamo Simonetti detto Nony
Congo, Zuccherificio Sucraf, dicembre 1965. Nony e Robert.
Una volta tornato in libertà, camminando per Milano, vidi un
manifesto che mi incuriosì. Rappresentava un paracadutista in uniforme e recava
la scritta: “Anche tu come lui”. L’indirizzo era via Ugo Foscolo 3. Ci andai il giorno
dopo. Era la sede milanese dell’ANPd’I (l’Associazione Nazionale Paracadutisti
d’Italia) dove organizzavano corsi di paracadutismo sotto controllo militare.
Il mio istinto ancora una volta ebbe il sopravvento. Mi dissi: «Robert, forse come paracadutista avrai delle possibilità
in più nella vita».
Così mi iscrissi e cominciai il corso nel gennaio del 1963, in
pieno inverno.
L’ambiente dell’Associazione era per me stupendo: molti dei “vecchi” avevano solo una decina di anni in più di noi
ragazzini ed erano quasi tutti ex paracadutisti della Repubblica Sociale. Gente
meravigliosa, di una generosità infinita. Avevo trovato un altro ambiente a me
consono.
Così alternai l’attivismo politico con il paracadutismo e fu al
bar Bacco che incontrai colui con il quale avrei condiviso la mia avventura in
Congo.
Si chiamava Girolamo Simonetti, ma per tutti era solamente Nony.
Ancora oggi quel diminutivo è sulla bocca di chi lo ha conosciuto. Descriverlo
non è facile, almeno a livello caratteriale. Rispetto a tutti noi era quello
che aveva quel qualcosa in più che non si può comprare: la classe. Nony era
altero, a volte quasi enigmatico. In certi momenti si aveva la sensazione che
guardasse con sufficienza. Un atteggiamento che non era costruito, ma che gli
apparteneva. Friulano, di ottima famiglia nobile, il padre era un avvocato, un
uomo tutto d’un pezzo, reduce della Divisione Julia.
Nony arrivava già dalle prime ore del mattino al bar Bacco,
indossando un elegante loden quand’era inverno. Teneva sempre in tasca una
copia de «Il Secolo d’Italia», in modo che fosse ben visibile. In un periodo in
cui si rischiava di prenderle ogni due per tre, lui mostrava un certo sprezzo
del pericolo e voleva che tutti sapessero da che parte stava.
Aspettavamo l’arrivo di Nony con impazienza, anche perché era
l’unico che avesse una certa disponibilità finanziaria. Prima di uscire di
casa, spesso svuotava il salvadanaio di suo fratello minore, Diego.
Tratto da "Un parà in Congo e Yemen 1965 1969" di Robert Muller e Ippolito Edmondo Ferrario, Mursia Editore
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